martedì 29 maggio 2007

Midnight Summer Dream

"I don't think anyone ever found paradise,
Cause paradise is based on lies
"

Paradise - The Stranglers da Feline (Epic, 1983)

Trovo che gli Stranglers siano un gruppo fortemente sottovalutato.
Certo tutti quelli dotati di un minimo, e dico un minimo, di gusto estetico, non potranno non considerare dischi come Rattus Norvegicus e No More Heroes tra i capisaldi del moderno intendere la musica rock.
E' il dopo che presenta qualche difficoltà di lettura ma che a mio avviso ci restituisce un grande gruppo pop, dotato di quella sana cattiveria che solo chi arriva dal basso e da lontano può avere tra le proprie corde.
Dischi come La Folie, The Men in Black e soprattutto Feline.
Dentro a Feline ci stanno almeno tre capolavori avvolti nella felpa di un suono sorprendentemente tranquillo e quasi cinematografico.
Uno di questi è proprio Paradise la cui frase di chiusura riportata qui in cima, all'epoca dell'uscita del disco ad un giovincello appena un attimo sopra l'età della patente, rimbalzava spesso in bocca.

A tanti anni di distanza resto ancora convinto di tre cose: Feline è un piccolo capolavoro, J.J. Burnel è il più adorabile bastardo mi sia mai capitato di conoscere e il paradiso continua a non esistere, come naturalmente purgatorio e inferno.
Però, siccome sono uno che si accontenta davvero con poco, mi piace anche pensare che una seppur remotissima possibilità potrebbe pure esserci, e che se il paradiso esistesse e semmai qualcuno avesse un domani l'insensata idea di farmi accedere a quel luogo, ecco il paradiso per me sarebbe molto simile al piccolo spazio che circoscrive l'area tra il Baretto e il canale che separa Marina di Ravenna da Marina Romea.
Lì davanti, in un giorno feriale qualunque, purchè soleggiato, tra la metà di aprile e la metà di giugno, in un orario compreso tra le 18,30 e le 20, seduto con i piedi appoggiati al muretto su cui trova spazio la ciotola di orrendi salatini assortiti, il sole che sbatte dritto contro gli occhiali da sole, un negroni stretto in mano, i migliori amici attorno e le petroliere est europee che ogni tanto proiettano giganteschi coni d'ombra sulla scena.
Naturalmente se fosse il paradiso chiederei gentilmente ai gestori del Baretto di sostituire nel lettore cd quel disco dei Dire Straits che da diversi anni tenta di rovinare la mia permanenza lì di fronte.
Ma siccome il paradiso non esiste ecco che un attimo fa trovo in rete questa frase: "Il Baretto a Marina di Ravenna tra qualche mese sarà demolito per la ristrutturazione di tutta la zona".
Gli Stranglers avevano ragione.
Tasto repeat, parte Midnight Summer Dream.

domenica 27 maggio 2007

Architecture and Morality

La prima volta che mi capito di leggere qualcosa circa i Parenthetical Girls fu all'interno di un articolo scritto da un tizio che conosco da un bel pò di tempo e che tutto sommato stimo.
Il tipo stila corrispondenze dalla west coast statunitense per un mensile musicale che regolarmente compero, regolarmente leggo, regolarmente trovo assolutamente insopportabile, saccente e supponente.
Dunque avendone letto con enfasi fin quasi esagerata su quelle colonne ecco che i poveri Parenthetical Girls, dopo un rapido (e supponente) ascolto da parte mia finirono mesi addietro nella cartella limbo, quella che contiene i dischi da riascoltare ma che di solito per mancanza di tempo non riascolto mai.
L'altra sera non sarei dunque andato appositamente per loro a Marina di Ravenna.
Ero già lì, e in più avevo un paio di bonus niente affatto disprezzabili.
Un invito a cena da parte della deliziosa Pullen Couple Core, e l'abbinamento del concerto con l'inaugurazione della storica serata del martedì sera all'Hana Bi, la notte Steve Mc Queen con il mixer affidato some al solito alle capacissime mani della coppia Vins e Chris.
Di quel concerto di Parenthetical Girls ho letto un pò in rete oggi.
I più benevoli lo hanno giudicato carino.
Il che mi convince una volta di pi di quanto io mi stia scollando dall'attualità.
Di recente mi era capitata la stessa riflessione dopo l'insopportabile concerto di Deerhoof al Covo.
Il mio gusto non è più coincidente con la micro massa del pubblico indie.
La cosa sorprendente è che questo scollamento mi fa un piacere che non potete neanche immaginare.
E che io stesso mai avrei supposto.
I Parenthetical Girls in definitiva sono dei ragazzini (3 perchè il quarto elemento, una ragazza ci informano essere volata di rientro a casa - Portland - per problemi di famiglia) esteticamente incantevoli e musicalmente minimali, resi ancora più essenziali dall'improvvisa defezione in organico, dotati di un repertorio di piccole canzoni storte e melodiche.
La cover, peraltro piuttosto fedele, di Joan of Arc (Maid of Orleans), da Architecture and Morality degli Orchestral Manouvres in the Dark è stata una delle cose più belle che si sia avvicinata alle mie orecchie in questi ultimi mesi.
Bella serata.
Il piatto Giant e il rosso Bronson sono stati il primo pasto decente dopo quasi una settimana di malattia e alla fine Chris in consolle ha passato pure Nonalignment Pact dei Pere Ubu.
Di questi tempi non è che si possa pretendere molto di più.

martedì 15 maggio 2007

Such Great Heights

La mattina dopo rimangono pochi ricordi della notte precedente trascorsa a selezionare dischi dentro ad un locale che sino a un attimo prima ospitava duemila anime di età media la metà della sua.
Mentre il passeggino che spinge a fatica dribblando montagne di aghi di pino nel bosco di Punta Marina funge da appoggio piuttosto che altro, quei ricordi paiono però chiari e netti come sfregi di Artline90 nero sopra una parete bianca.
Ad esempio l’impressione di incredibile, enorme vastità, provata appena entrato nel club, prima ancora del principio.
Alle dieci della sera, troppo presto per qualunque cosa, eppure un orario (e un luogo) in cui ha l'impressione di essere improvvisamente in ritardo su tutto.
Ancora le parole di James Murphy che gli martellano in testa mentre taglia la sala a perpendicolo sbilanciato dalla valigia piena di cd che stringe con la mano destra: i'm losing my edge, the kids are coming up from behind, mentre il soundsystem spara note sintetiche e sincopate e i bambini compatti, stretti e in trance pre concerto ululano in coro strofe mai ascoltate prima.
Dopo è troppo presto.
Neanche mezzanotte, anche se il cantante nero ha stirato il concerto per novanta minuti, come fosse una partita di football.
E ha pure aggiunto un bis che non era previsto.
Tutto è così perfettamente metronomico mentre il tecnico del locale, un tizio che somiglia al cantante dei Depeche Mode, o era il tastierista? oppure il tizio dei Bluvertigo?, scambia telefonate con la regia e dice di aspettare l'outro.
Sì, ha un tecnico che in quel momento è lì per lui, per dettare i tempi del suo ingresso.
Sorride, pensando a come è diversa la situazione in cui è abituato a lavorare nell’altro club, quello piccolo e nero che a lui piace così tanto, solo a un paio di chilometri da dove si trova ora.

L'outro è ovviamente il contrario dell'intro.
Un pezzo che serve da colonna sonora per assorbire il sudore e accartocciare l'ultimo bicchiere di media chiara.
In realtà questa sera a lui pare solo una canzone scelta per far credere che quel coglione del dj ha deciso di proseguire la serata con del rockandroll coperto di muffa.
Solo che il dj della serata, di quell'inizio di serata perlomeno, è proprio lui.
E mentre qualcuno lo guarda da lontano, probabilmente compatendone l'età e l'inadeguatezza al ruolo, lui apre la piccola valigia di metallo, quella che sul coperchio ha appiccicati gli adesivi dei Modest Mouse, degli Shins e il logo bianco e nero della vecchia Sub Pop, e prepara la sequenza di canzoni che sarebbero in grado di uscire da sole dalle custodie e infilarsi così di seguito, in quella precisa sequenza, nel lettore cd: Rebellion, The Skin of My Yellow Country Teeth, Float On.
Facile.
Non fosse per il luogo e per il pubblico, per QUEL pubblico.
Ma tutto funziona.
Anche quando North American Scum si trasforma in Acceptable in the 80's e il tipo con gli occhiali e i capelli ricci, quello che chissà perché lui immagina appena uscito da una notte al Plastic, comincia a fotografarlo a ripetizione.
Quel tizio con la maglietta verde continuerà a chiedergli con un insistenza spropositata di mettere nuovamente quella canzone.
Finchè lui troverà il momento giusto per passarlo ancora Calvin Harris.

Di una serata del genere ora rammenta soprattutto lo stupore all’ascolto di certe canzoni da parte dei ragazzini che si arrampicano aggrappandosi al lungo pannello di legno, quello che separa la sua postazione dal resto della sala.
Gli domandano di chi fosse quella canzone, e poi quell'altra ancora.
A un certo punto ricorda di aver strappato un pezzo di cartone dalla confezione vuota di Camel light per scriverci sopra il titolo del pezzo dei Postal Service che la giovane continuava a non capire.
Sorrideva pensando che probabilmente tutta quella gente non sapeva nemmeno chi lui fosse, non sapevano da quanto tempo fosse lì, e non immaginava certo che lui di tipi come i Bloc Party ne aveva visti passare così tanti che neanche si ricordava più tutti i loro nomi.
A quel punto pensò che quello fosse il momento giusto per provare a suonare per la prima volta una canzone di quei ragazzini della sua città di cui tutti stavano parlando in quelle ultime settimane.
Infilò il cd e premette play.
Le note di Me and My Washing Machine invasero l'enorme hangar rimbalzando in alto sulle travi curve che assecondavano il soffitto.
Sorrise di nuovo, pensando che si sarebbe ricordato della prima volta in cui aveva suonato un pezzo dei My Awesome Mixtape in un club, valutando la possibilità di scriverci sopra qualcosa la mattina dopo.
Ma la mattina dopo, ovviamente, era troppo stanco per farlo.

lunedì 7 maggio 2007

...BOREDOM!


La canzone che ha regalato i titoli agli ultimi cinque post, compreso questo, era Boredom , la cui prima edizione venne pubblicata sullo Spiral Scratch EP di Buzzcocks, edizione in vinile uscta sabato 29 gennaio 1977 su etichetta New Hormones.
Il disco fu prodotto da Martin Zero (Hannett) e venne registrato il 28 dicembre del 1976 agli studi Indigo di Manchester su di un 16 piste.
Tutte e quattro le canzoni di quel disco furono scritte da Howard Devoto e Pete Shelley.

domenica 6 maggio 2007

...Well I Think I Know the Words That I Mean...

Poco prima del coro dei Kop, degli Underworld e di quel pezzo dei Franz Ferdinand che oggi pare già antiquariato, Dedu era passato dal backstage del gate uno.
Mi è sempre piaciuto Dedu.
Già quando ancora lo conoscevo solo di vista, e il sabato mattina passavo dalla sua edicola di via degli Orti a comperare il Melody Maker.
Ora che lo conosco meglio posso dire per certo che la cosa che più apprezzo in lui è il suo entusiasmo per la musica, nascosto dietro una flemma apparentemente perenne.
Certo l'entusiasmo per la musica ce l'hanno un sacco di persone attorno a me.
Ma lui è diverso.
Lui è uno dei pochi che ha resistito e lo ha fatto sul serio.
Lui è uno di quelli che c'era da prima e che ancora oggi è decisamente presente.
Prima delle scoperte gratuite distribuite in rete e dei concerti in saldo su youtube.
Lui c'era quando la musica la leggevi sulla carta e la ascoltavi sulla plastica a sette e dodici pollici e metteva dischi al Covo quando non c'era la fila di gente ansiosa di sperimentare quanto sia figo programmare un pezzo degli Arcade Fire in un club.
Lui è uno di quelli che ha ancora voglia di prendere e partire per verificare su un palco cosa è capace di combinare un nuovo gruppo.
E in un sabato sera qualunque, lui dj storico del più storico rock club italiano, mi raggiunge nel backstage del gate uno e chiede di poter inserirsi nel mio set perchè ha voglia di passare una canzone nuova, così per vedere subito l'effetto che fa.
E' in quel momento, quando comincia a parlarmi di Calvin Harris, e io mi domando chi cazzo sia Calvin Harris (ok, è vero, ne aveva parlato anche il giornale - Spot On di BPM sul # 183, ma io non è che posso ricordarmi tutto), che butto un occhio sulla compilazione che ha in mano.
E ci trovo dentro, tra le altre, canzoni che per conoscrele bisogna essere attenti a quello che succede attorno.
Tenersi informati.
Robe tipo Wombats e Foals che a parlarne sono state certe blogstar delle parti nostre, ad esempio.
Mentre assecondavo col piede il battito di Acceptable in the 80's, pensavo che è in un posto del genere assieme a gente del genere che sto invecchiando, e mi scopro a concludere che invecchiare in fin dei conti non è che mi dispiaccia così tanto.
E questa, dopotutto, è davvero una bella sorpresa.

sabato 5 maggio 2007

...My Future Ain't What It Was...

Della serata Cool Britannia avevo cominciato a parlarne con Max del Covo già la scorsa estate, al riparo della tettoia dell'Hana-Bi.
O meglio, lui aveva cominciato a parlarne con me.
L'idea era sua del resto.
Un idea che mi piacque subito.
Una serata a tema, una volta al mese.
L'unica cosa che non mi convinceva del tutto, era la possibilità di impostare un intero set mensile limitando la scelta a musica britannica, per di più prevalentemente in uscita nel periodo a cavallo tra la fine degli anni '80 e la prima metà dei '90.
Dopo tre serate dedicate a questo argomento mi sono accorto di quanto infondate fossero le mie perplessità.
La scelta è talmente vasta da poter ribaltare la scaletta ogni serata.
E una delle cose più divertenti è che in una serata del genere si possono tranquillamente scardinare tutte quelle regole a cui diversamente ci sentiamo tenuti a dar retta.
Tipo evitare di infilare una serie di circa dieci canzoni appartenenti al repertorio di Smiths e Morrissey solista, almeno quattro canzoni di Happy Mondays, remix di Paul Oakenfold inclusi, ovvio, e non meno di tre Stone Roses a serata.
Non curarsi assolutamente di accostamenti che portano i Super Furry Animals appresso ai Prodigy.
Robe così.
E' in una serata del genere che verso le tre e trequarti, con una trentina di persone in sala, squagliate da caldo e alcool, ci si può prendere una libertà di quelle che servono per ricaricare la batteria.
Appiccicato agli ultimi battiti di un pezzo degli Underworld far partire il coro dei Kop, la storica curva dell'Anfield Road di Liverpool.
Settantacinque secondi in cui migliaia di voci intonano il refrain di You'll Never Walk Alone.
Certo ci aveva già pensato la buonanima di John Peel.
Del resto tutto quello che facciamo John Peel lo aveva già fatto anni prima.
Me ne sono accorto quando ho cercato in rete il pezzo e la prima scelta che è spuntata fuori è stata un estratto dalla compilazione curata dal defunto dj della BBC per il Fabric di Londra.
Comunque sia, quando ho fatto partire il coro le trenta persone in sala si sono bloccate immediatamente, le bariste hanno lasciato a metà i loro drink, Tommy e Bob seduti dietro al banco all'ingresso si sono girati, Max ha sgranato gli occhi.
Tutti sono rimasti fermi, immobili a guardarmi.
Solo qualche secondo.
Poi hanno cominciato a seguire le parole Walk on through the wind/Walk on through the rain/ Tho' your dreams be tossed and blown/Walk on, walk on With hope in your heart/And you'll never walk alone....
E allora anch'io, dal mio angolo dietro al piccolo mixer ho alzato le braccia e ho cominciato a cantare.
Come nemmeno Kevin Keegan dopo la finale di Coppa Campioni del '77.
Bello e intenso.
Finalmente.

venerdì 4 maggio 2007

...I'm Already a Has-Been...

Sabato scorso ero al concerto dei Paper Chase.
La prima volta che li incontrai, il primo ottobre del duemilaequattro, mi avevano impressionato per la loro notevole capacità di coinvolgere.
Emozioni in cascata a grappoli sopra a ritmi serrati.
Questa volta anche.
E mentre me ne stavo da solo a tre quarti sala, pensavo al naturale confronto con un concerto tenuto solo qualche giorno prima in quella stessa sala.
Quello dei Deerhoof.
Pensavo a come i Deerhoof pare piacciano a tutti fuorchè a me.
Al contrario dei Paper Chase.
I Deerhoof sono uno di quei gruppi che non capisco.
Ci ho provato, ho ascoltato tutti i loro dischi più volte.
Quei dischi non mi piacciono, ma ho insistito nell'ascoltarli.
Perchè quando tutti apprezzano una band e io non ci arrivo mi impegno sempre per cercare di capire dove sia il punto che gli altri vedono e a me sfugge.
Per i Deerhoof questo punto continua a sfuggirmi.
E anche se spesso finisco con il comprendere il perchè un disco a me non piaccia mentre è apprezzato da tutti gli altri, in questo caso no, proprio non capisco.
I dischi mi scivolano via di mano ogni volta e il loro live mi è parso quasi sempre incomprensibile. Magari ero solo stanco, forse era il gran caldo.
Comunque quei tre lì, sopra il palco, mi pareva andassero ognuno per conto proprio.
Ancora una volta non sono stato in grado di decifrarli.
Ne devo scrivere per il giornale e quindi mi fermo qui.
Per non sprecare quelle due frasi in croce che ho in mente.
Però il concerto dei Deerhoof è stato uno di quei momenti in cui avrei voluto indossare quella t-shirt che i cari vecchi Tunas mi hanno da tempo promesso, quella con su scritto il titolo di una loro canzone che recita: Indie Kids Make Me Sick.

giovedì 3 maggio 2007

You See There's Nothing Behind Me...

ISTRUZIONI PER L'USO:
I prossimi post, quattro o cinque che siano, saranno pubblicati sequenzialmente uno al giorno da oggi in poi.
Sono il frutto di una serie di considerazioni scoordinate e assolutamente personali che hanno attraversato la mente di chi scrive nel corso di una notte passata a selezionare dischi al Covo, al termine di un mese lungo e difficile.
Il titolo è una strofa di una vecchia canzone che sto ascoltando in questo momento, mentre comincio a scrivere il primo post.


In questi giorni non ho assolutamente voglia di scrivere.
Anzi, per essere precisi, non ho alcuna voglia di parlare di musica.
E siccome quando scrivo lo faccio per parlare di musica, sillogisticamente posso affermare che non mi va di scrivere.
Non per nulla l'ultima cosa che ho scritto da queste parti porta la data di venticinque giorni fa.
A parte il post dell'altro ieri, ovvio, ma quella più che a un post somigliava ad una lista della spesa.
E' stata la serata di sabato scorso ad attivare pensieri, stimolando collegamenti rapidi quanto insensati.
Allora viene da far ordine, srotolare qualche parola ed esplorare i bordi delle cose per cercare di capire dove queste si possano incastrare tra loro.
Il fatto è che queste cose sono così diverse che manca lo spazio per limare slabbrature e azzardare incroci.
Dunque tanto vale pigiare il tasto random e approfittare dell’occasione per regalare inutili considerazioni un giorno alla volta, che in questi tempi di scarsità di idee e ancor più esigua volontà di esporle diventa occasione buona per fare legna.
Un post al giorno, come i blogger diligenti, e il futuro di Sniffin' Glucose è assicurato.
Almeno per le prossime settantadue ore.
Quindi restate sintonizzati, se vi va.

martedì 1 maggio 2007

Emila (e Romagna) Paranoica

Un fine stagione così non si era mai visto.
Mai.
E il bello è che arriva al termine di un anno tutto sommato piuttosto piatto quanto a offerta e qualità dei concerti.
Per ricordarmi ho preso appunti qui di seguito.
Limitandomi ai posti dove posso arrivare senza faticare troppo e alle cose che più mi interessano.
Non tutti gli appuntamenti sono imprescindibili, ad esempio gli Horrors sono trascurabili.
O meglio: per curiosità li andrei anche a vedere, però Chris è un anno che mi fa una testa così dopo il concerto in riviera del giugno 2006, che proprio non me la sento.
Per di più quella sera ho in programma la partita di calcetto, e siccome gioco a pallone una volta l'anno capirete l'importanza dell'evento in confronto ad un semplice concerto rock and roll.
Howe Gelb poi l'ho visto talmente tante volte che posso anche lasciar perdere e i Lo-Fi-Fnk non è che siano proprio il mio pane quotidiano.
Ci sono date che si accavallano tipo I'm from Barcelona e James Chance.
Ora la logica vorrebbe senza ombra di dubbio alcuno, la presenza al cospetto del folle sassofonista newyorkese, ma come far torto agli amici del Bronson e trascurare il team svedese dal nome iberico?
Che poi è stato pure autore di quello che può considerarsi l'inno ufficiale di Losing My Badge.
Infine gli appuntamenti in consolle: al Covo al seguito di Futureheads l'11, poi a celebrare l'ultimo appuntamento del nuovo culto Cool Britannia il 19 e infine a festeggiare la chiusura di stagione dello storico club bolognese assieme ai 1990's il 25, e ancora all'Estragon in chiusura di Bloc Party il 12 e poi il più presto possibile dietro al bancone dell'Hana-Bi alla domenica sera.
Sarò di sicuro a molti concerti in queste settimane, ma di assolutamente imperdibile, per quanto mi riguarda ci sono tre date: Modest Mouse, Built to Spill ed Arcade Fire.
Comunque la lista è qui, suppongo ci si veda in giro.

02/05 the Horrors @ Estragon
07/05 Catpower @ Estragon
08/05 Erase Errata @ Covo CONCERTO ANNULLATO
09/05 Malcolm Middleton @ Bronson
10/05 I'm from Barcelona @ Bronson
10/05 James Chance and the Contortions @ Clandestino
11/05 the Futureheads @ Covo
11/05 Howe Gelb @ Teatro Masini
12/05 Bloc Party @ Estragon
16/05 Pere Ubu @ Bronson
17/05 Lo-Fi-Fnk @ Covo
17/05 Of Montreal @ Bronson
18/05 Tarwater @ Covo
19/05 Piano Magic+Giardini di Mirò @ Estragon
19/05 Cool Britannia Party # 4 @ Covo
21/05 the Drones @ Clandestino
22/05 Parenthetical Girls @ Hana-Bi
23/05 Violent Femmes @ Velvet
24/05 Sparklehorse+Fennesz @ Estragon
25/05 1990's @ Covo Club (Season End Party)
25/05 Dirty Three @ Teatro Masini
26/05 Low @ Estragon
28/05 Slint+Explosions in the Sky @ Estragon
31/05 Shellac @ Velvet
02/06 Hot Chip @ Estragon
03/06 Sondre Lerche @ Estragon
04/06 Modest Mouse @ Estragon
05/06 Built to Spill @ Estragon
07/06 Ted Leo and the Pharmacists @ Artivive - (Soliera -MO)
09/06 No Means No @ Estragon
21/06 Blonde Redhead @ Corte degli Agostiniani (Rimini)
06/07 Sonic Youth @ Ferrara Sotto le Stelle
11/07 Arcade Fire @ Ferrara Sotto le Stelle
14/07 Arctic Monkeys @ Ferrara Sotto le Stelle
14/07 Mudhoney @ Velvet
18/07 Damien Rice @ Ferrara Sotto le Stelle

Bonus tracks (vale a dire se per caso organizzate una macchina fatemi un fischio che mi infilo nel bagagliaio):
19/07 Italian Wave Love Festival: Kaiser Chiefs, Cansei de Ser Sexy, Shitdisco @ Sesto Fiorentino

...E SOPRATTUTTO:
29/06 Devo @ Lazzaretto (Bergamo)
30/06 Devo @ Fiera della Musica (Azzano decimo - PN)
ma tu guarda se certa gente deve aspettare 15 anni e poi tornare a suonare - con rispetto parlando per gli abitanti dei luoghi e per dirla all'inglese - in the middle of fucking nowhere.