martedì 15 maggio 2007

Such Great Heights

La mattina dopo rimangono pochi ricordi della notte precedente trascorsa a selezionare dischi dentro ad un locale che sino a un attimo prima ospitava duemila anime di età media la metà della sua.
Mentre il passeggino che spinge a fatica dribblando montagne di aghi di pino nel bosco di Punta Marina funge da appoggio piuttosto che altro, quei ricordi paiono però chiari e netti come sfregi di Artline90 nero sopra una parete bianca.
Ad esempio l’impressione di incredibile, enorme vastità, provata appena entrato nel club, prima ancora del principio.
Alle dieci della sera, troppo presto per qualunque cosa, eppure un orario (e un luogo) in cui ha l'impressione di essere improvvisamente in ritardo su tutto.
Ancora le parole di James Murphy che gli martellano in testa mentre taglia la sala a perpendicolo sbilanciato dalla valigia piena di cd che stringe con la mano destra: i'm losing my edge, the kids are coming up from behind, mentre il soundsystem spara note sintetiche e sincopate e i bambini compatti, stretti e in trance pre concerto ululano in coro strofe mai ascoltate prima.
Dopo è troppo presto.
Neanche mezzanotte, anche se il cantante nero ha stirato il concerto per novanta minuti, come fosse una partita di football.
E ha pure aggiunto un bis che non era previsto.
Tutto è così perfettamente metronomico mentre il tecnico del locale, un tizio che somiglia al cantante dei Depeche Mode, o era il tastierista? oppure il tizio dei Bluvertigo?, scambia telefonate con la regia e dice di aspettare l'outro.
Sì, ha un tecnico che in quel momento è lì per lui, per dettare i tempi del suo ingresso.
Sorride, pensando a come è diversa la situazione in cui è abituato a lavorare nell’altro club, quello piccolo e nero che a lui piace così tanto, solo a un paio di chilometri da dove si trova ora.

L'outro è ovviamente il contrario dell'intro.
Un pezzo che serve da colonna sonora per assorbire il sudore e accartocciare l'ultimo bicchiere di media chiara.
In realtà questa sera a lui pare solo una canzone scelta per far credere che quel coglione del dj ha deciso di proseguire la serata con del rockandroll coperto di muffa.
Solo che il dj della serata, di quell'inizio di serata perlomeno, è proprio lui.
E mentre qualcuno lo guarda da lontano, probabilmente compatendone l'età e l'inadeguatezza al ruolo, lui apre la piccola valigia di metallo, quella che sul coperchio ha appiccicati gli adesivi dei Modest Mouse, degli Shins e il logo bianco e nero della vecchia Sub Pop, e prepara la sequenza di canzoni che sarebbero in grado di uscire da sole dalle custodie e infilarsi così di seguito, in quella precisa sequenza, nel lettore cd: Rebellion, The Skin of My Yellow Country Teeth, Float On.
Facile.
Non fosse per il luogo e per il pubblico, per QUEL pubblico.
Ma tutto funziona.
Anche quando North American Scum si trasforma in Acceptable in the 80's e il tipo con gli occhiali e i capelli ricci, quello che chissà perché lui immagina appena uscito da una notte al Plastic, comincia a fotografarlo a ripetizione.
Quel tizio con la maglietta verde continuerà a chiedergli con un insistenza spropositata di mettere nuovamente quella canzone.
Finchè lui troverà il momento giusto per passarlo ancora Calvin Harris.

Di una serata del genere ora rammenta soprattutto lo stupore all’ascolto di certe canzoni da parte dei ragazzini che si arrampicano aggrappandosi al lungo pannello di legno, quello che separa la sua postazione dal resto della sala.
Gli domandano di chi fosse quella canzone, e poi quell'altra ancora.
A un certo punto ricorda di aver strappato un pezzo di cartone dalla confezione vuota di Camel light per scriverci sopra il titolo del pezzo dei Postal Service che la giovane continuava a non capire.
Sorrideva pensando che probabilmente tutta quella gente non sapeva nemmeno chi lui fosse, non sapevano da quanto tempo fosse lì, e non immaginava certo che lui di tipi come i Bloc Party ne aveva visti passare così tanti che neanche si ricordava più tutti i loro nomi.
A quel punto pensò che quello fosse il momento giusto per provare a suonare per la prima volta una canzone di quei ragazzini della sua città di cui tutti stavano parlando in quelle ultime settimane.
Infilò il cd e premette play.
Le note di Me and My Washing Machine invasero l'enorme hangar rimbalzando in alto sulle travi curve che assecondavano il soffitto.
Sorrise di nuovo, pensando che si sarebbe ricordato della prima volta in cui aveva suonato un pezzo dei My Awesome Mixtape in un club, valutando la possibilità di scriverci sopra qualcosa la mattina dopo.
Ma la mattina dopo, ovviamente, era troppo stanco per farlo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao, purtroppo per ragioni d'età (anche la nostra mediamente troppo alta) e di chilometri da fare ce ne siamo andati via subito, ma complimenti: meglio il dj set del concerto... a proposito quali erano i primi pezzi (grosso modo fino agli LCD)

patrick bateman ha detto...

gli lcd sono passati abbastanza ad inizio serata.
come sempre le mie scalette sono improvvisate e non ricordo mai la sequenza dei pezzi. in ordine sparso: cheated hearts peaches remix (yyy's), disco blood (shitdisco), no cars go (arcade fire), css e hot chip, robe così.