lunedì 22 dicembre 2008

A Year in Ten Steps (#8)

Oxford Collapse: "Bits" (Sub Pop)


C’era un epoca, sembra incredibile, in cui le cose succedevano e tu te ne accorgevi dopo.
L’informazione globale ed in tempo reale non esisteva.
E per ascoltare un disco bisognava comperarlo.
E comperarlo costava fatica e denaro.
C’era un etichetta discografica che si chiamava SST e faceva uscire dischi incredibili ed incredibili ciofeche.
Il suo marchio nero in campo bianco era accompagnato da uno slogan che grondava retorica eppure pareva così incredibilmente forte e vero.
Corporate Rock Still Sucks.
Il rock delle multinazionali fa ancora schifo.
Ci fecero anche degli adesivi.
E una maglietta.
Oggi mentre tornavo in macchina dal lavoro riascoltavo a volume alto Bits, l’ultimo disco degli Oxford Collapse e constatavo quanto poco spesso mi capiti di ascoltare un disco rock.
Abbiamo sentito il bisogno, o forse qualcuno ha in noi indotto il pensiero, di uccidere il rock.
Ritenendo in maniera non tanto sensata, che le contaminazioni fossero l’unica strada.
La necessità.
Crossover, Post Rock, Punk Funk, Nu Rave.
E il folk.
La quiete è il nuovo rumore.
Come se il sibilo dell'amplificatore fosse diventato un fastidioso inconveniente.
Probabilmente l’ultimo vero disco rock uscito di recente che ho consumato è stato quello dei Thermals.
Al secondo semaforo lungo Viale Europa pensavo che un tempo esistevano gente com i Mission of Burma e i Meat Puppets, i fIREHOSE e i Gun Club e soprattutto gli Husker Du che tanto tempo fa hanno rubato mille cuori e che oggi quasi nessuno mai ricorda.
Ecco, gli Oxford Collapse mi ricordano proprio gli Husker Du.
Non so perché, ma mi ricordano gli Husker Du.
E non so perché nessuno si ricorda più degli Husker Du.

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