sabato 27 dicembre 2008

A Year in Ten Steps (#4)

Deerhunter: "Microcastle/Weird Era Continued" (4 AD)


"Negli anni '90 quando cominciai a registrare canzoni su cassetta con un quattro piste (e il downloading non esisteva ancora, o per lo meno non era diffuso come oggi -ndr) facevo un gioco.
Poco prima che stesse per uscire un disco che attendevo, provavo per scherzo a farne una mia versione.
Se ad esempio era imminente la pubblicazione di Brighten the Corners dei Pavement dovevo comunque aspettare la sua data di uscita per ascotarlo e nell'attesa registravo un pò di canzoni, che erano la versione di come il disco sarebbe dovuto suonare secondo le mie aspettative.
Alcune di quelle canzoni sono più tardi finite nei dischi degli Atlas Sound e dei Deerhunter
".
Bradford Cox, cantante dei Deerhunter e degli Atlas Sound dal suo blog.
Lo stesso blog che per un errore ha messo in condivisione la cartella dove era contenuto l'intero nuovo album dei Deerhuner diversi mesi prima della sua uscita nei negozi.

Un disco importante.
Di quelli che per essere giudicati richiedono, anzi pretendono, ascolti ripetuti e scrupolosi, essenziali per svelare sfumature che al principio si rintanano negli angoli.
Dunque un disco (fortunatamente) poco adatto ai ritmi scanditi dal metronomo dei nostri miseri tempi.
Un disco costruito sulle canzoni.
Canzoni scritte con l’ambizione di smarcarsi da quegli standard che ormai intrappolano tutto e tutti, rendendo stereotipi persino le proposte più ardite ed apparentemente alternative.
Sin dai primi ascolti sul taccuino finiscono immediatamente due nomi tutto sommato desueti: i Mercury Rev dei tempi migliori e sua maestà David Bowie.
I primi assurgono a paragone per quel senso di estraneità rispetto alla quotidianità che spinge ad oltrepassare i margini senza temere l’eccesso.
Il secondo per il tentativo dei Deerhunter di definire un format che attinge dai luoghi oscuri della mitteleuropa senza dimenticare le geometrie applicate dalla new wave più colta (Never Stops pare quasi farina uscita dal sacco Bunnymen).
Diviso idealmente in tre momenti, Microcastle si apre su uno scenario teso e vibrante, si cristallizza poi in una fase centrale giocata su tempi medi, musica adatta a sonorizzare ambienti dove la luce fatica a filtrare, per chiudersi infine con un poker marcatamente rock: l’assalto di Nothing Ever Happened scippato ai Pixies, Saved by Old Times un blues (!?) a cui presta voce il Black Lips Cole Alexander, Neither of Us nasconde ancora contorni wave, mentre Twilight at Carbon Lake culla diritti verso un sonno agitato da fantasmi, scary monsters and super creeps.

2 commenti:

Refleksie ha detto...

un disco che continua a dirmi delle cose.
forse Cryptograms parla una lingua a me più congeniale...sai com'è, quelle sue ipnotiche e lunghe dilatazioni...
ma "Microcastle" è un disco che ribadisce al mondo un concetto:
i Deerhunter sono una band eccezionale.
Bradford Cox un autore che ricorderemo per molto tempo...speriamo di avere solo l'amor proprio necessario per farlo.

un abbraccio, buon anno arturo!

patrick bateman ha detto...

Un disco che ha suscitato reazioni.
E questo è comunque interessante.
Buon anno anche a te Matteo.