lunedì 27 novembre 2006

Kiss Me Deadly

Arrivati a una certa età il cervello mette in moto strane sinapsi.
Che in verità tanto strane non sono.
Anzi, sono nemmeno così sicuro che queste sinapsi siano avviate dall'età.
Stamattina, ad esempio, in auto ascoltavo il nuovo cd di Jarvis Cocker. E’ stato più o meno all'altezza dell'uscita 5 della tangenziale che la mente ha imboccato una circonvallazione tutta sua.
Al primo bivio si sono materializzati i Pulp, abbastanza ovvio dopotutto.
Da quel momento la canzone che rapidamente ha deviato il pensiero dall'ascolto del Jarvo è stata Do You Remember the First Time?, una delle mie preferite di sempre.
E in quel momento la mente ha introdotto una seconda deriva, certo più particolare e inattesa.
Il ricordare la prima volta, così come oramai la bocca cantava in silenzio, si è trasformato senza motivo apparente in un esplorare la memoria alla ricerca del momento in cui sono venuto a conoscenza della fine.
Di certe fini.
Intese proprio nel senso di morti, decessi, sparizioni definitive.
Ho sempre odiato gli psicologi, ma credo che in alcuni frangenti potrebbero fornire risposte adeguate a domande che preferiremmo non fare.
E prima ancora di arrivare a superare l'uscita numero 4 della tangenziale - viaggiando in direzione Casalecchio i numeri si sa, scorrono al contrario - la rotativa si è messa in moto.

Spedendomi diritto alla mattina del 6 aprile 1994.
Mi pare fosse un sabato.
Vivevo ancora con i miei.
Non ricordo cosa avessi combinato la sera precedente.
Di certo non avevo tardato troppo a coricarmi, perchè quando entrai in cucina la televisione trasmetteva ancora la prima edizione del TG5.
A un certo punto l'annunciatrice diede la notizia della morte del tizio la cui foto era comparsa sullo schermo.
Un ragazzo biondo, con i suoi occhi azzurri puntati al centro dell'obiettivo.
Era il cantante dei Nirvana, gruppo rock che all’epoca andava per la maggiore, raccontava la tipa del tg.
Non si può dire fosse una notizia proprio inattesa, dopo quello che era successo in un albergo di Roma solo qualche settimana prima.
Comunque non la presi bene.
Quella mattina non feci colazione.
Uscii dalla cucina senza dire una parola.
Mia madre non credo abbia capito quello che stava succedendo.
Tornai in camera e mi infilai nuovamente sotto il lenzuolo.
Rendendomi chiaramante conto che da quel momento la mia generazione avrebbe avuto il suo Jimi Hendrix da piangere.

Altri tempi, ancora proiettili a concludere storie.
Della morte di John Lennon imparai alla radio.
Una mattina di dicembre.
La radio la accendeva sempre mio padre qualche minuto prima delle sette. A quell’ora di solito lui aveva appena finito di sbarbarsi, e io arrivavo a raggiungerlo per la colazione, appena smontato dal letto.
Alle 7 cominciava il giornale radio RAI.
Quel giorno fu la notizia d’apertura.
La mia ignoranza all’epoca era genuina.
Un minorenne appena imbrattato dai primi ascolti punk.
A quell’età e a quei tempi non c’era spazio per il grigio.
Tutta era bianco o al contrario nero.
E dunque la morte di John Lennon, uno dei Beatles, non è che potesse stravolgere più di tanto i miei pensieri.
Semplicemente lui non stava dalla mia parte, non era uno dei miei.
Terminai la colazione, mi lavai i denti, presi lo zaino e mi avviai verso l’autobus per arrivare in orario all’apertura del Liceo.



Sempre dicembre, una mattina di 22 anni dopo.
I tasti di un computer, un monitor, la scrivania.
Suona il telefono.
E’ Alberto.
La notizia: Joe Strummer è morto.
Per il resto della giornata non combinai più nulla, girando a vuoto.
Arrivato a casa la sera, scrissi due righe su un blog che allora frequentavo.
Un amica mi disse che si era commossa a leggerle.
Ma solo perché pensava le avesse scritte l’altro tipo, il proprietario del blog, uno molto più giovane e quindi si supponeva con una sensibilità diversa sull’argomento.
Come dire, più sfumata.
Perché noi no.
Era ovvio ciò che avremmo scritto, quello che avremmo pensato, le cose che avremmo detto.
Noi eravamo di quelli che sostenevano la tesi, logora, semplicistica e soprattutto vera, secondo la quale i Clash sono stati più rilevanti per la propria formazione di qualunque politico, di qualunque artista, di chiunque altro.
Pochi giorni dopo ci ritrovammo tutti in radio.
La vecchia guardia al completo.
Ognuno con i suoi ricordi, ognuno con le sue emozioni.
In diretta lessi un articolo che avevo conservato da tanto tempo.
Raccontava il concerto di Firenze di molti anni prima.
A quel concerto ero presente.
Quella sera in radio faticai a terminare la lettura.
A un certo punto il cronista, un certo Red Ronnie, riportava una frase pronunciata da Strummer nel backstage quella sera: "Siamo stanchissimi, ma stiamo producendo qualcosa. Viviamo. Dormiremo quando saremo vecchi".
Prima che la voce incrinata si spezzasse del tutto uscii dalla stanza e lasciai gli altri continuare la trasmissione.

Di nuovo stamattina.
Il pensiero stava già dirigendosi verso quel pomeriggio alla fine di novembre dello scorso anno, alla telefonata che mi annunciava la morte di George Best, alle foto furiosamente cercate in rete e alle fotocopie improvvisate in ufficio per dedicare al mio calciatore preferito (non il migliore, ma il mio preferito) la serata di Losing My Badge che si sarebbe tenuta poche ore più tardi.
E' stato mentre pensavo a quella volta che la macchina è entrata nel parcheggio del centro commerciale.
A quel punto ho spento il motore e stoppato l'ipod.
La voce di Jarvo è scomparsa e finalmente si è portata via tutti i fantasmi che si erano accomodati in macchina, sul sedile di fianco al mio.
Fino alla prossima volta.


8 commenti:

Anonimo ha detto...

Da pelle d'oca!
Non appena ho inziato a leggere il post, ho capito subito dove volevi andare a parare: il pensiero ad Elliot Smith è scattato automatico...

pressapoco ha detto...

E barrett?

len ha detto...

no davvero arturo...
no words..

(finalmente tra poco ci vedremo!
ho voglia di ballare un tuo set..!!)

patrick bateman ha detto...

spring sale!: onorato di avervi tra i lettori, e occhio al privè di dicembre.
pressapoco: beh, volendo scrivo un centinaio di capitoli sull'argomento, sai com'è...l'età...
len: sto spolverando un pò di vecchi dischi, non voglio rubare materiale al tuo set, stai pronta.

Anonimo ha detto...

Madonna arturo che articolo...poi letto con un brano molto triste (stavo ascoltando il nuovo cd dei FRENCH KICKS che adoro) rende ancora di più l'idea, gli occhi fanno presto a commuoversi e la mente a viaggiare lungo il passato...e penso che JOE STRUMMER fosse un mito per me, io ogni tanto ho bisogno di ascoltare i clash, mi fanno stare bene, libero dai pensieri e mi fanno BALLARE.
Arturo il 9 si avvicina e io sarò li in prima fila sia per i THE VICTORIAN ENGLISH GENTLEMENS CLUB(comprati da poco e veramenti bravi,molto wire e pixies) sia per il tuo dj set aspettando sorprese come tu sai fare.
Se hai tempo ascoltati FRENCH KICKS nuovo è veramente molto bello...a presto aspettando il privè di dicembre..ihihihihi

Anonimo ha detto...

beh... a questo punto "privè di dicembre uber alles"!

len ha detto...

ma che rubare?? se mai sono io che prendo sempre spunto dal "maestro"..! eheh

pressapoco ha detto...

era solamente una affettuosa provocazione, ognuno, come si suol dire, piange i suoi!