sabato 18 novembre 2006

High Fidelity



Qualche sera fa prillando i tasti del telecomando sono finito sulle frequenze di LA7 nel momento esatto in cui partiva la sigla di Otto e Mezzo, trasmissione condotta da Giuliano Ferrara e Ritanna Armeni.
Di quel programma non ho mai visto una puntata per intero, solo qualche spezzone ogni tanto.
Una questione di orario.
Scomodo per i miei ritmi e per le mie abitudini, nient'altro.
Essere capitato lì proprio nel momento dell'inizio della trasmissione, e ancor più l'aver deciso di lasciare trascorrere il breve tempo della sigla per arrivare a conoscere il tema del giorno prima di cambiare canale, è stata una micro premonizione.
Perchè di lì a poco avrei assistito a un piccolo evento.
Giuliano Ferrara che sventola davanti alla telecamera una copia di Ortodossia, esordio a 45 giri dei CCCP Fedeli alla Linea (Attack Punk Records, 1984).
L'ospite della serata era difatti Giovanni Lindo Ferretti, invitato in occasione della pubblicazione di Reduce, libretto scritto dall'ex cantante dei CCCP e uscito per Mondadori.
Ferretti come suo solito ha detto cose interessanti, alcune condivisili altre meno.
Ferrara lo ha poco interrotto e quasi mai contraddetto.
Probabilmente perché durante tutta la chiacchierata l'immagine che si è delineata è stata quella di un ex ragazzo che dopo aver manifestato in gioventù istanze di ribellione è giunto infine al termine di un percorso che in modo naturale lo ha condotto verso una riconciliazione con se stesso e con il mondo circostante.
Il tema in sostanza, almeno la chiave di lettura che ne ho dato io, è stato quello del passaggio - secondo alcuni inevitabile - da una condizione di agitazione politica, sociale, culturale, a una pacificazione condotta in porto DAL (e non CON IL) trascorrere degli anni.
Come ritenere imprescindibile l'abbandonare certe istanze perché le si pensa collegate esclusivamente all'età.
Un concetto che non ho mai sopportato.
E non perchè io ritenga la coerenza un valore assoluto.
Rimanere sempre fedeli a se stessi e ai propri ideali mi pare anzi a volte sintomo di ottusità e in certi casi di integralismo.
Niente di male nel continuare a credere in certe cose, ma nulla di male neppure nel rivedere posizioni alla luce delle proprie e altrui esperienze.
Quello che mi ha sempre infastidito è la preconcetta convinzione che con il divenire adulti si debba per forza cambiare.
E che il cambiamento debba essere sempre a senso unico.
Portandoci a deprezzare, se non addirittura disprezzare cose, persone e situazioni che un tempo ci erano care e al contrario riconsiderare in positivo faccende che una volta non avremmo accettato in alcun modo come nostre.
In questi ultimi anni abbiamo tutti un pò troppo utilizzato il verbo sdoganare.
A destra come a sinistra (soprattutto a sinistra), di fianco al nome di improbabili attori e registi di film di serie c, accompagnandolo a rivalutazioni di improponibili cantanti italiani.
Folk e progressive sono oggi la nuova frontiera?
Non per me.

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