Io di garage rock e sixties punk non ho mai capito un accidenti.
Eppure il genere mi ha sempre appassionato.
Per l’estetica e la genuina violenza dei suoni, soprattutto.
Nel tempo ho coscienziosamente accatastato parecchi dei 100 titoli fondamentali elencati nel sito della Crypt, per immagazzinare i rudimenti. Mi sono fatto odiare dai vicini alzando al massimo la manopola del volume mentre sul piatto ruotavano i dischi degli Oblivians. Ho scorticato le mie orecchie con Morlocks e Gravedigger V. Sono andato a vedere un concerto di Leighton Koizumi. Ho ballato improvvisando sotto il palco dove suonavano i Rippers, ammirando incondizionatamente i loro abiti stilosi.
Però continuo a capirci poco.
Probabilmente dipende dal fatto che è una musica troppo di genere, allo stesso modo del reggae per intenderci. Suoni che non ammettono spazi intermedi.
Certamente è un mio limite. Uno dei tanti.
Spesso mi pare di ascoltare la stessa canzone all’infinito, perdendo le sfumature, e quando vado a un concerto non riconosco quasi mai i classici utilizzati per le cover, a meno che non si tratti di un pezzo dei Sonics (perché dai, The Witch e Psycho alla fine le conosciamo tutti). Poi quando il direttore comincia a infervorarsi su qualche oscura gemma sixties pescata da un volume di Back from the Grave mi vien voglia di togliere la polvere posata sopra al primo disco dei Weezer o cominciare a fischiettare il ritornello di Shake it Up dei Cars. Così, tanto per fargli un dispetto.
Allora perché mi sono incaponito a considerare The Tunas come la miglior live band italiana in circolazione?
Una banda che suona garage come pochi altri, che se la prende con molte cose che a me piacciono, e che ha in repertorio una canzone che si chiama Indie Kids (titolo a cui abbinano in rima frasi tipo make me sick e suck my dick)?
Semplicemente perché The Tunas sono punk al 100% (e possono permettersi di accusare gli altri di non esserlo abbastanza: You’re not a Punk), non sorridono a nessuno eppure piacciono a tutti, suonano con una passione e un entusiasmo che in giro difficilmente si incontrano, non a quei livelli e mai con quella spontaneità.
Sul palco portano sempre una ragazza che, cito altri: "balla concentratissima solo su se stessa". Una ye ye girl che oltre ad essere una ballerina formidabile è anche progettista multimedievalista e incontenibile creativa. Parole sue. Considero i Tunas per come adorano la musica e li stimo ancora di più per quella volta che li vidi tutti assieme al concerto di Eugene Kelly al Covo. In prima fila assieme a me e ad i miei amici c’erano solo loro a cantare le canzoni dei Vaselines. Suppongo che l’aggettivo cool li faccia vomitare e che semmai lo leggessero associato al loro nome potrebbero inseguire chi lo ha scritto utilizzando i loro strumenti come mazze da baseball. Però la loro maglietta nera con su scritto in rosa lo slogan Kick Out the Cans! è un oggetto imprescindibile per qualunque rocker della città. E quindi i The Tunas sono la roba più (involontariamente) cool ci sia in giro oggi dalle parti di casa mia.
Il loro primo disco, The Tunas au… Go Go è appena uscito per la Gravedigger’s Records di Cagliari. Naturalmente è una bomba, naturalmente non ci ho capito niente, ma ho alzato il volume e spedito tutti i led sul rosso. E mi sono divertito un sacco ad ascoltarlo. E quando è finito ho ricominciato da capo, perdonandogli anche una canzone che dura sette minuti e quarantadue secondi. Sempre troppi per la mia logora pazienza, ma in questo caso giusto il tempo che ci vuole per miscelare al meglio Stooges ed MC5. Anche se poi per immaginare di vivere a Detroit anziché a Bologna basterebbe farsi un giro in tangenziale in queste settimane.
Con il cd dei Tunas infilato nello stereo, ovviamente.
sabato 23 settembre 2006
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2 commenti:
Bravissimi i Tunas, ho avuto la fortuna di vederli quest'estate al Festival Beat.
Grande Frabbo!
Ti vogliamo un gran bene
; -)
i tunas suoneranno di supporto ai neils children al bronson di ravenna sabato 14 ottobre.
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