sabato 20 dicembre 2008

A Year in Ten Steps (#10)

Hot Chip: "Made in the Dark" (Emi)


Basterebbe la presenza di Ready for the Floor a renderlo disco necessario in una playlist di fine anno.
Una delle tre canzoni che da sole hanno salvato la stagione in consolle (le altre due? Blind di Hercules and Love Affair e Kids degli MGMT, ovvio).
Ma il disco regge bene anche per tutto il resto.
Dico la verità: su di loro, dopo il successo di Warning e dei suoi due singoli spacca montagne (Over and Over e Boy from School), non avrei scommesso un centesimo.
Quella svolta così decisa verso il dancefloor a seguire un primo disco (Coming on Strong, 2004) di gran classe, con dentro una delle più belle canzoni degli ultimi anni (Crap Kraft Dinner, un motivo a cui ancora oggi affiderei la colonna sonora dei momenti migliori).
Che gli Hot Chip avessero però qualcosa in più rispetto a tutti gli altri che pasticciano con pop, rock ed electro (LCD Soundsystem esclusi, si intende), l’avevo cominciato a sospettare vedendoli dal vivo un paio di stagioni fa all’Estragon.
Una serata di inizio estate in cui tutto, contingenze personali e di macro sistema, congiurava verso il disastro.
Fu invece divertimento con tutte le lettere maiuscole.
Un entusiasmo contagiante incanalato nella ricerca della melodia perfetta e la capacità di far muovere le gambe che ho ritrovato pari pari all'inizio di quest'anno, stipati dentro a Made in the Dark.
Un euforia che viene meno soltanto quando i ragazzi decidono di passare in modalità slow motion.
E anche allora sono perfetti.
We Are Looking for a Lot of Love, poco prima di metà disco, è una ballata coi contro fiocchi, mentre la coppia di lenti in chiusura ricorda i tempi in cui gli Housemartins strappavano le mutande a botte di gospel e cori a cappella.
I've never seen your love again
I'll never be your love for sure
Except for that day.
Che poi finora, a proposito di canzoni da passare nei club, nella fotta collettiva di essere i primi a mettere su Ready for the Floor ci siamo quasi sempre dimenticati del ritmo di Out at the Pictures in apertura, con quella batteria che parte secca dopo sessantasette secondi di synth di introduzione e che fa tanto Joy Division.
E abbiamo pure sottovalutato il beat gommoso e sincopato di Hold On.
Come scrisse a suo tempo un amico che di musica ne sa molto più di me: roba da tirar giù i muri.

Nessun commento: