In questi ultimi giorni si è parlato e scritto parecchio attorno alla vicenda della recensione farlocca del nuovo Death Cab for Cutie apparsa su Rumore.
Chi si fosse perso qualcosa può recuperare andandosi a leggere qui la cosa più sensata, equilibrata e chiara apparsa in rete, commenti compresi.
In questa sede non intendo entrare nel merito della questione, gli spunti di discussione che una faccenda del genere porta con sé sono molteplici e alcuni di essi sono trattati abitualmente tra le righe di questo blog.
A mio modo di vedere la vicenda ha fatto affiorare una cosa sopra a tutto il resto, ed è di questo che ora mi interessa scrivere.
Un fattore che nulla ha a che spartire con i tempi moderni e con il consumo della musica in rete.
Venerdì pomeriggio, subito dopo aver approfondito la questione in una diretta telefonica con i ragazzi di Maps sulle frequenze di Radio Città del Capo, mi è parso evidente che l'aspetto emerso nel corso della conversazione radiofonica fosse in effetti il nocciolo della questione.
In Italia non esistono nè sono mai esistite le condizioni affinchè un vero e proprio giornalismo musicale possa esistere.
Se è vero che dalle nostre parti pochissime persone leggono, è indiscutibile che ancor meno persone sono realmente appassionate di musica.
Una miscela storicamente letale per la stampa musicale.
In queste condizioni è un miracolo che nel nostro Paese esistano quattro testate che possono ritenersi specialistiche (Blow Up, Il Mucchio, Rockerilla e Rumore), solo per restare nel terreno di competenza del blog che state leggendo.
Poi possiamo discutere circa il fatto che sarebbe forse meglio che di quattro giornali se ne facesse uno solo, massimo due.
Ma questa è un'altra faccenda.
Così come è un'altra questione se si ritenga o meno opportuno spendere 5/6 euro al mese per acquistare ciascuna di queste riviste.
Secondo me ne vale comunque la pena, ma è solo il mio parere e null’altro vuol essere.
Considerando le circostanze, a chi potrebbe allora venire in mente di fare del giornalismo musicale una professione?
Risposta:
a) ai giornalisti dei principali quotidiani italiani;
b) a quelle poche persone che oltre ad essere giornalisti sono anche proprietari delle testate per cui scrivono (i nomi fateveli da soli tanto li conoscete meglio di me);
c) a un piccolo esercito di persone che sommano all'imbrattatura di carta su mensili, le cronache locali di quotidiani e una serie di marchette variamente assortite.
In mezzo l'enorme schiera di scrivani part-time.
Giovanotti in pausa tra studio e lavoro in attesa di accampare come scusa (per se stessi prima ancora che per gli altri) la messa in piedi di una famiglia o l'impegno in un lavoro "serio" e ben retribuito per giustificare la propria auto esclusione dal mondo del rock and roll.
E quegli ex ragazzi ancora agganciati ad una passione inestinguibile che li porta a esplicitare la propria voglia di musica nei ritagli di tempo sottratti al week end, ad una serata di riposo davanti alla televisione, quando possibile anche al lavoro vero, quello che consente di pagarsi affitto e bollette.
Non dico che in queste condizioni sia lecito giustificare errori ed omissioni perpetrati da chi scrive su un giornale musicale.
Però questa è una situazione che chiunque si prende la briga di criticare una rivista musicale dovrebbe considerare.
Perché è inutile illudersi che le cose non siano quelle che in realtà sono.
Poi siamo d’accordo tutti sul fatto che in un universo ideale la professionalità dovrebbe guidare bocca e penna di chiunque di noi decida di impiegare il proprio tempo nel propagare al mondo opinioni e informazioni, di qualunque natura esse siano (l'errata informazione sul "caso Pigneto" è ben più clamorosa della recensione di un disco sbagliato) tramite qualunque mezzo di informazione: televisione, giornale, radio o blog che sia.
Ma questo lodevole proposito finisce inevitabilmente prima o poi col cozzare con una vita quotidiana che dal canto suo, quanto a ritmi e priorità, non effettua sconti.
Sull'argomento domani metto su un pezzo che scrissi al riguardo un po' di tempo addietro per un giornale che si chiamava Zero in Condotta.
L'articolo portava un titolo esplicativo: il mestiere che non esiste.
martedì 10 giugno 2008
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7 commenti:
Certo, si potrebbe discutere per anni riguardo a questo argomento......
Fattostà che l'errore c'è stato, e anche piuttosto madornale, dato che anch'io sono incappato nella versione fake di Narrow Stairs, e oltre alle centinaia di commenti su bit torrent e emule sulla disocrdanza fra l'album dei Death Cab e quello dei Velveteen, la differenza con il sound dei Death Cab era palese.....E se proprio c'erano dubbi si poteva banalmente e semplicemente dare una ascoltata veloce al loro myspace per rendersene conto, oppure la differenza si notava chiaramente nella stessa versione fake, in cui era presente solo "I Will Possess Your Heart" in versione originale dei Death Cab, quindi si aveva la fregatura davanti agli occhi (o in questo caso alle orecchie), da paragonare a chi si fa ancora ingannare dal vecchio gioco delle 3 carte di origine controllata partenopea.....Ma la cosa ancora più grave secondo il mio parere è che l'album sia uscito ad Aprile, ma recensito nel numero di Giugno, quindi c'era tutto il tempo per un ascolto più approfondito ed attento per accorgersi dell'inghippo.....Ciò mi rammarica, perchè è sintomo di un consumo di musica veloce e disattento, in questi periodi in cui il download digitale ha creato un vero e proprio "Fast Food Musicale", dove gli album stazionano non più di una settimana nei propri ipod....e questo da un giornale di tutto rispetto e che stimo moltissimo (nonchè compro da molti anni...) non me lo sarei mai aspettato.....
Aldilà di tutto ciò, non resta che rifarsi alla saggezza dei nostri avi.....ERRARE HUMANUM EST, PERSEVERARE AUTEM DIABOLICUM....Quindi con ciò si spera che errori del genere non accadano più, con la buona fiducia che riservo in Rumore e tutto il suo staff......
a parte che il disco è uscito in america a metà maggio, e quindi a giornale già (probabilmente) chiuso..
sono d'accordo a tre quarti con quel che dice l'ottimo padrone di casa. nel senso che qualcuno c'è che fa questo mestiere seriamente e reisce a camparci senza marchette et similia. il punto però è un altro, e cioè che i problemi economici non possono giustificare la mancanza di professionalità - e questo è un discorso che prescinde dal caso in questione e deve valere sia per i redattori stipendiati che per i collaboratori.
ciao :)
uno che scrive su una rivista musicale non può commettere errori del genere, è veramente imbarazzante.
qua trovate la chiacchierata su Maps
http://www.radiomaps.it/?p=163
Si, probabilmente lo e
La ringrazio per Blog intiresny
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