sabato 24 gennaio 2009

War Is Over?



"L'industria discografica da' l'annuncio: rinuinciamo alla lotta al download. Nel 2009 cambia la strategia: nuovi guadagni attraverso le compagnie telefoniche".
Repubblica.it del 20/01/2009

"Se potessimo avere una licenza in grado di far pagare a chi si connette a internet un solo euro al mese per poter scaricare liberamente la musica, l'industria potrebbe guadagnare 500 milioni di euro al mese, circa 26 miliardi di euro all'anno".
Gerd Leonhard scrittore, autore di "The Future of Music"

Let's hope it's a good one
Without any fear
War is over
If you want it
War is over now
John Lennon, Happy Xmas (War Is Over)

L'argomento file sharing mi assilla ormai da anni.
Capisco che la mia fissazione sia per i più giovani tutto sommato incomprensibile.
Del resto io sono uno di quelli che nel suo indirizzo di posta elettronica ha ancora la scritta iperbole dopo la chiocciola, perché ai tempi in cui cominciai ad utilizzare internet il server del comune di Bologna, Iperbole appunto, era l'unico a fornire gratuitamente il servizio di connessione alla rete.
All’epoca difatti oltre al costo della telefonata - ovviamente al minuto, che le tariffe forfetarie erano utopia - si pagava abitualmente anche una tariffa per poter semplicemente accedere ad internet.
L'adsl ovviamente era materia per film di fantascienza.
Questo per dire che sono una persona di un altra epoca e dunque di certe cose non dovrei nemmeno parlare, pena minima prevista l'accusa di tecnofobia.
Ritenendo però che la tecnologia per quanto essenziale a rendere più comode le nostre vite non sia necessariamente deputata a migliorarne la qualità, il fatto di venir tacciato quale avversario della modernità non mi disturba granché.
Aver incrociato l'argomento musica digitale più volte nelle ultime settimane con notizie come quella in calce a questo post e considerazioni assortite pescate in luoghi diversi, mi ha fatto venir voglia di mettere per iscritto le frasi lette in giro per provare a chiarirmi una volta di piu' le idee e giungere una volta di più alla conclusione che già so: ciò che del file sharing mi irrita, quello che non riesco ad accettare e non approvo, è la totale diseducazione all'ascolto della musica che il file sharing ha ormai insegnato alle nuove generazioni.
Qualcuno vede la faccenda come un opportunità, un modo per diffondere capillarmente la musica ovunque, una maniera per far conoscere in fretta la propria opera senza mediazioni e spese.
Io no.
Non ne faccio una questione economica.
Quella è una faccenda che lascio ad altri.
Per come la vedo io il diffondersi di questa modalità di fruizione della musica è fonte di una dilagante superficialità nell'ascolto e di una sempre crescente carenza nella formazione dell’utente quanto a capacità di giudizio sulla qualità di ciò che sta ascoltando.
Solito discorso: troppo materiale (quasi sempre peraltro rinunciabilissimo), troppo poco tempo a disposizione per analizzarlo con un minimo di serietà.
Per poter utilizzare il file sharing senza fare danni alla musica bisognerebbe avere una patente, un qualcosa che attesti che di quello che si scarica verrà fatto un utilizzo corretto.
Semplificando il discorso in maniera estrema, l’utente della musica scaricata in rete potrebbe essere un ascoltatore di Vasco Rossi ma non dovrebbe essere un ascoltatore di Vasco Brondi.
E questo non perché Alba Chiara abbia una valenza inferiore a La Gigantesca Scritta Coop, ma perché da un utente della mia musica mi aspetto un attenzione e un rispetto diverso nei confronti del prodotto disco.
Una passione diversa, non necessariamente maggiore, però diversa.

L'altro aspetto che mi infastidisce, non esclusivamente legato al downloading gratuito delle canzoni in rete ma più genericamente connesso alla fruizione di musica in formato digitale, è il fatto che la smaterializzazione oggettiva del prodotto rende lo stesso in qualche modo non reale e nonostante la sua infinita replicabilità la sua intangibilità lo rende non trasferibile ai posteri.
Almeno non nel formato in cui il disco era stato inteso dal suo autore.
Non è solamente una questione di nostalgia e di completezza di un prodotto che per essere considerato correttamente non dovrebbe essere scorporato dalla sua confezione (in questo inutile ricordare come il passaggio dal vinile al cd avesse già comportato una drastica decurtazione nella qualità dell'oggetto disco).
E' una faccenda che ha valenza anche psicologica.
Un pò come il differente peso che si da nello spendere denaro in contanti aprendo il proprio portafoglio per tirare fuori la carta delle banconote, e lo spendere lo stesso denaro su Amazon piuttosto che su E-Bay affidandosi all'intangibile digitazione di codici e password sulla tastiera di un computer.
Tutto meno vero, tutto meno importante, tutto senza valore.
Rimando ai prossimi post, tempo e voglia permettendo, le citazioni che hanno nuovamente acceso la miccia.

6 commenti:

stu ha detto...

Ordine alfabetico dei dischi is the reason.

Anonimo ha detto...

io ho come l'impressione che scaricare dischi, file, abbia peggiorato l'attenzione che si dedica ai dischi. io ci metto un sacco ad ascoltare un disco. a capirlo. a studiarlo. a far partire tutti i sogni che le canzoni creano.

Anonimo ha detto...

dimmi dove abiti, che vengo a rubarti tutti i cd dei make-up (quelli della foto)...

patrick bateman ha detto...

Diciamo che fotografare alla lettera M (PS: stu, ho oltre 4.000 cd e sono tutti in ordine alfabetico) non è stato casuale.
Un giorno mi deciderò a scrivere qualcosa su Ian Svenonius e sui Make Up. Filosofia prima ancora che musica.
E allora magari metterò su una foto della collezione dei loro 45 giri che mi ritrovo a casa...

stu ha detto...

Ordine alfabetico anche per me,e trovarli è ancora una impresa..

20nd ha detto...

Da ascoltatore c'e' un po' di paranoia in merito. Sono semplicemente due modi diversi di fruire la musica. Anzi. Scoprire cose nuove dagli ascolti digitali puà spingermi verso l'acquisto di album che altrimenti non sarei stato interessato ad acquistare.

Alla fine la digitalizzazione è diventata anche quasi una via forzata in un mercato assolutamente sovrassaturato ma non per questo (argh!) meno interessante. Forse quello che manca è il tempo, non l'attenzione.

Detto questo, da persona beceramente olda quale sono, NULLA riuscirà mai a surclassare il fascino di un disco, una copertina, un aggetto da catalogare fisicamente, in grado di custodire ricordi facilmente indentificabili, estraibili e riproducibili a comando per il migliore ascolto possibile.